Vettriano

Vettriano

giovedì 12 settembre 2013

Oltre la notte.

Stanotte non abbiamo dormito, ci siamo rigirati tutti nei nostri letti, tra le strade, ci siamo rotolati nel sudore dell' attesa, dello sforzo immane di afferrare qualcosa che è distante, i muri che non si abbattono e ci circondano, tutta quella polvere che si alza dopo un crollo e che ci intasa i polmoni, stanotte eravamo tutti vigili ad aspettare che spegnessero anche gli ultimi lampioni, finché tutto è tornato ad essere quel che è sempre stato, buio eterno, oltraggio della vita, tenebra profonda, contrario della luce. Allora ci siamo guardati intorno, tutti quanti, stanotte, e per un attimo eravamo tutti lì, ad un centimetro di distanza gli uni dagli altri, nella profondità estrema di noi stessi, e abbiamo scoperto senza saperlo che le nostre non sono anime separate, ma proveniamo tutti da una sola ed unica anima, l' anima mundi, che ci tiene lontani anche se vicinissimi, ed io sentivo il tuo respiro sul mio collo, e tu sentivi il mio, non si è mai soli nel tormento, ma il cielo ha deciso di morire, di spegnersi, e allora mi sono chiesta, guardandovi tutti senza vedervi gli occhi, se abbiamo capito che possiamo vivere da soli, che possiamo sopravvivere, insomma, dico, ora che abbiamo dimostrato a noi stessi che siamo esseri indipendenti, capaci di creare dal niente, dalla solitudine, ora che abbiamo rinfocato il nostro orgoglio, ora possiamo smetterla di farci del male? Possiamo tenerci per mano senza sentirci posseduti, dominati, controllati, ma soltanto complici? Soltanto protagonisti di un' idea di condivisione? Possiamo afferrare l' esistenza per le spalle, scuoterla, e prenderci quello che cade dalle sue tasche? Adesso che i nostri libri, le nostre melodie, le nostre intuizioni sono lì, possiamo cominciare a fare le persone adulte? Possiamo crescere?

Avanzando nell' insonnia mi chiedo come si possa restare così sordi e così ciechi di fronte a delle forze così trascinanti, di fronte a delle ovvietà che per anni ci siamo negati, vengono fuori ad una ad una le cose, di notte, si arrampicano lungo le pareti dell' anima e vengono a bussarci in gola: le vomitiamo e poi è un fiume in piena di fango, e tutti ci preoccupiamo di preservare qualcosa che riteniamo essere prezioso e solo nostro, niente, non abbiamo niente, non siamo niente, granelli insignificanti nell' universo, quello che diamo è quello che abbiamo ricevuto, nasciamo come antenne che captano segnali, alcuni restano muti una vita intera, non sono veicolo di niente, tra noi e noi stessi non si frappone nessun ostacolo scomodo, quando sentiamo che una presenza ci carezza e ci tira via dallo specchio ossessivo in cui siamo proiettati, è allora che amiamo, l' amore è un dolce ritrovarsi di fronte alla verità, qualunque essa sia, siamo nudi di fronte alle persone che amiamo ed è come se fossimo nudi di fronte a noi stessi, perché l'altro siamo noi, si dice spesso in questi casi amore siamo una cosa cosa, ed è questo, amare è avere il coraggio di restare nudi di fronte a se stessi, senza che un riflesso ci rimandi un' immagine distorta e irreale di noi, un' immagine artificiale, che la nostra mente crea per farci sentire migliori, siamo i peggiori e siamo innamorati, e questo deve riempire le nostre esistenze, dobbiamo avere il coraggio di guardarci e di amarci amando, dobbiamo alzarci in piedi e a testa alta essere fieri di quello che siamo, anche se siamo ben poca cosa, ed è logico, perché non potremmo mai essere stati generati alla maniera del Dante o del Da Vinci o del Chopin, siamo piccoli déi del nostro personale Olimpo, e la maestosità del bello deve essere un' ideale a cui tendere, un binario entro cui incamminarci, senza fuggire la nostra ombra, troppo grande o troppo piccola a seconda della luce entro cui la guardiamo, senza rifugiarci in corpi putridi per l' idea di sentirci più puliti, e le notti che passiamo ad occhi aperti devono servire a questo, devono aiutarci a capire che il sonno e il riposo sono così preziosi, e il resto son tutte balle, perché quello che importa è che nel momento in cui il pensiero tende, la mano tenda insieme ad esso, e afferri quello che brami, ovunque si trovi. Ma nell' oscurità del ventre del mondo le nostre mani afferrano fantasmi di noi stessi, e gli uteri sono fatti di fumo, e i tentativi di tornarci sono inutili, ci stiamo spingendo a fatica dentro il vuoto, che è pure freddo oltre che assente, e allora impazziamo, perché senza rivederci nelle radici dei nostri alberi secolari, senza avvertire il contatto con gli ovuli del nostro passato originario, siamo solo schegge appuntite e folli, stelle morte che vagano nello spazio, l' amore è il contrario della morte, e quando questo attraversa spazi tempi cose persone altri amori corpi sentieri silenzi parole dipinti libri armonie cieli tersi e cieli plumbei puttane e strade schermi al plasma e letti comodi pensieri mutili sensi di inferiorità vendette apatie matite appuntite pupazzi su mensole occhi di bambini occhi di vecchi contrari sinonimi allora è il momento di alzarci dalla sedia, è il momento di partire, le braccia altrui attendono un segnale, il sé si veste, riempie la sua valigia di turbe e complessi, porta via qualche libro utile, e parte, parte, raggiunge l' estrema felicità, perché nell' estrema sofferenza il dito tocca il fondo dell' infelicità, e lentamente risale, c'è un punto piccolo piccolo dentro ognuno di noi dove il dolore si confonde col piacere, ed entrambi ci sembrano così necessari, ed entrambi sono complementari, e neanche pare siano concetti opposti, forse sono sempre stati uniti, come noi, fin dal principio, fin da quando negli uteri delle nostre madri ci cullavamo ignari e già insofferenti, indifesi e già armati.

L' amore è la fine dell' assedio.”

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