Vettriano

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mercoledì 20 maggio 2015

Ricordando Mario Luzi

Mario Luzi, Il fiume


Quando si è giovani
e uno per avventatezza o incuria
segna senza badarvi il suo destino,
molti anni o pochi giorni
di vita irredimibile pagata tutta

o più tardi quando l’uomo non è più lui
e come dimesso da un giudizio
si regge con moti cauti
in una sopravvivenza minuziosa,

in un tempo o nell'altro
in cui meno forte stride,
meno crepita questo fuoco greco,

il fiume sceso giù dal giogo
non ha più tutte le voci
che oggi mi feriscono festose
e cupe in vetta a questo ponte aguzzo.
Il fiume allora ha una voce sola
o vitale o mortale. Chi l’ascolta
ha un cuore solo o greve o tempestoso.

“Tu che tieni stretto il filo
di rete del labirinto
dove sei che ti scinde in tante voci
la voce che mi guida” esclamo io
non si sa bene a chi,
compagno fedele o ombra.

Sotto pruni di luce, oltre le pile,
fiammeggia a scaglia a scaglia un’acqua ambigua
tra moto ed immobilità. Fa freddo,
pure scendono in molti per le ripe
alle barche legate ai pali, in molti
tentano il fiume e la sua primavera
su e giù con i remi e le pagaie.

“Felici voi nel movimento” dico
mentre fisso dal ponte
chi naviga con abbandono o lena
e guardo come crea
nel molteplice l’unità la vita; la vita stessa.