Vettriano

Vettriano

lunedì 24 settembre 2012

Auguri Tabucchi.

Breve pensiero serale.
Come avevo previsto ieri, proprio così è trascorsa la giornata.
Tuttavia non posso per questo dirmi insoddisfatta, anzi. Ho portato a termine (o forse ho appena cominciato) un affare che tenevo lì sospeso da tempo, ho fatto acquisti di ordine culturale, ho fatto attività fisica (!) e ora sono molto stanca. Una di quelle stanchezze confortevoli. Penso che ora me ne andrò a leggere nel mio lettino mentre il vento tortura i vetri della finestra.
In qualche modo mi sento al sicuro, protetta da qualcuno o da qualcosa. C'è un certo calore dentro di me oggi. Ho dato amore e dedizione e ne ho ricevuto altrettanto. E' una bella cosa l' esser ricambiati.
Mi sforzo di controllare i miei impulsi e i miei pensieri, ma ci sbatto contro lo stesso, sempre. Non devo evitarli, ma affrontarli e ridurli in cenere (quelli negativi ovviamente).
E adesso, buon compleanno maestro.

'Ora Tristano è davvero stanco, non ha più fiato, lo senti, avrebbe voglia di dormire, ma non il breve sonno di un'inizione, a lungo, come deve essere lungo il sonno che compensi la fatica di aver vissuto.'

domenica 23 settembre 2012

Domeniche

La domenica è un giorno tristissimo, e come ha scritto qualcuno recentemente, non si smette mai di parlare di quanto sia orribile questa tappa della settimana, dalla quale nessuno può scampare, neanche il padreterno.
Quuesta domenica, in fondo, non è poi neanche stata più terribile delle altre, anzi, penso sia stata una delle più sopportabili, se non addirittura una delle più piacevoli. Tuttavia incombe sul mio capo la minaccia di ben 5 domeniche future intrise di depressione e voglia di suicidio... e la cosa non è molto allettante.
A volte mi soprendo di me stessa, perchè riesco perfino a fare dell' autoironia. Ma il più delle volte...beh il più delle volte è dura uscirne. C'è anche da dire che tra una settimana ricomincerà il tram tram universitario e mai come quest' anno non mi sento nè pronta nè tantomeno felice di ricominciare... ormai sono stanca, e l' unica cosa al cui pensiero mi pare di star meglio è la prospettiva del tirocinio e della stesura della tesi... Per il resto: corsi, esami, nozioni da infilare nel cervello, e così via.
E poi lontananza, mancanza, assenza, parole ricorrenti nella mia vita sentimentale che non smettono un minuto di ossessionarmi, togliendomi il respiro e impedendomi di godere appieno anche dei momenti di quiete e di appagamento totali. Perchè poi, non è solo la lontananza, no. E' anche la difficoltà, l' ostacolo, il bastone che puntualmente mi viene messo tra le ruote... La stanchezza, dio come dimenticare la stanchezza, che mi taglia le gambe e mi spegne la voce in gola? Se nemmeno le istituzioni, la legge, la giustizia di questo cazzo riescono a tenderti una mano, o meglio non vogliono tendertela, allora che fare? Valigie e via? Certo, ma non prima di aver portato a termine quello che ho cominciato.
Il mio percorso professionale. L' università. Cinque anni di lacrime e sangue. Per rincorrere un sogno banale. Ma mio. Non posso rinunciare a tutto questo. Ma bisogna sempre rinunciare a qualcos'altro. E se entrambe le cose sono irrinunciabili allora che farci?
E' proprio così che passano le giornate. Una domanda, un affare da sbrigare, uno sbadiglio, un impegno da portare a termine. Non so nulla di nulla. Nessuno lo sa. Eppure non si fa altro che parlare, progettare, ipotizzare, pensare. Tutto così dannatamente inutile.
Concentrarsi su un obiettivo... un buon modo di distrarsi? Forse. Ma le distanze mi spaventano. Il tempo che intercorre tra me e la meta mi congela il sangue. 
Ripenso alla mia adolescenza, a quanto ci tenessi per la bella prosa, qualunque cosa facessi, sopratutto quando scrivevo una pagina di diario, su un blog. Apparire. La logica peggiore. Se tutti imparassero ad essere spontanei il mondo ne guadagnerebbe tanto. A cosa serve essere perfetti e asettici in uno stupido blog che deve parlare delle tue stupide emozioni? Lasciarsi andare, sempre. Nei limiti della decenza grammaticale, è chiaro, e con stile, certamente. Ora mi fan ridere certe cose. Ora, ora si che ho capito la differenza tra essere scrittori ed essere se stessi. I luoghi dell' essere non vanno mai profanati. Purtroppo non c'è meritocrazia che tenga.
Domani mi sveglierò e deciderò cosa fare. Forse me ne andrò da sola da qualche parte. Aspetterò con ansia un libro che darà il via alla mia avventura da laureanda e conquisterò il letto dopo una serata sfiancante in palestra. Sospirerò al telefono sentendolo parlare e magari vedrò un' amica. Mi renderò conto di quanto questi giorni siano preziosi tra una settimana, quando dovrò sgobbare sui libri e stressarmi con viaggi deficienti. A quel punto rimpiangerò questo stato di ozio e forse verserò qualche lacrima di nervosismo. Il vento mi asciugherà la faccia e continuerò a fare quello che devo fare. 



mercoledì 19 settembre 2012

Giornata tipo.

Credo che la palestra sia una tortura legalizzata e anche costosa.
Una tortura lussuosa.
E io ci sono finita dentro, in questo circolo vizioso del bello solo se sudato e sgrassato.
Ci sono finita dentro perchè a vent' anni suonati fare una rampa di scale mi faceva venire il fiatone e la pressione mi saliva a 200. Ci sono finita perché spero ancora che esista un metodo non miracoloso per guadagnare 10 centimetri in altezza e rendere esili le mie cosce compatte. Ma questo metodo non esiste e, ahimè, le autoreggenti non potranno MAI starmi bene. E io insisto. Ed è un'altra storia.
La prendo come un dovere questa storia della palestra, come una medicina amara insomma. Che poi vado lì, e cerco di fare tutto in fretta e furia per ridurre la sofferenza, ma mi ritrovo col fiato corto, i capelli appiccicati alla fronte e un tremore diffuso. Quindi, dopo 20 minuti di cyclette, una manciata di addominali e di altre robe assurde per glutei e cosce, vado a buttarmi sotto la doccia, spendendo altri 20 cent. dei miei risparmi. Lì mi insapono e mi guardo lo stesso centimetro di pancia, di fianchi e di interno coscia che ho da quando avevo 13 fottutissimi anni. Non sono mai cambiata di un grammo, non in maniera influente almeno. Sono sempre rimasta più o meno la stessa, sia che mangiassi come un porco, sia che mi nutrissi come un giovine augello.
E questo non capita solo a me, a quanto pare; difatti c'è gente che soffre in quella stanza orribile molto più di quanto faccia io, e questo lo deduco dal fatto che molte persone sono già lì quando arrivo e ci restano quando me ne vado. Pur rimanendo in sostanza sempre IDENTICI. Sudano, puzzano, e hanno sempre le stesse cosce e le stesse pance enormi.
Porca puttana, ma se le faranno due domande? O si divertono ad autoinfliggersi tutto questo dolore? Domanda da un milione di dollari...
In ogni caso, anche stasera ho buttato la mia dose quotidiana di sangue e sono uscita dalla doccia trionfante e con la testa che mi pulsava dal dolore. Ho cercato di dissolvere il sudore tra i capelli col phon e mi sono guardata nello spacchio, trovandomi come sempre ogni volta diversa. Penso che non mi conoscerò mai. Vedo nelle mie pose e nei miei profili alcuni volti sconosciuti, li riconosco nella loro diversità, metto il naso un pò più a destra e penso 'ecco, ecco, ora sono proprio lei', mi giro da un altro lato spalancando gli occhi e tirando su col naso e rifletto 'ora non c'è più, ecco che arriva qualcun altro', e così via.
E' sempre frustrante doversi guardare allo specchio se non si conosce la propria discendenza.
Poi sono uscita dalla palestra con la stessa canotta blu della Alcott con la quale durante la settimana dormo, mangio, esco, sto in casa, lavoro, e molto altro, e mi sono avviata verso casa costeggiando il Liceo Classico.
Le finestre serrate mi hanno strappato un sorriso e il mio pensiero è andato al libro di Starnone che sto divorando e al mio lavoro pomeridiano saltuario. Ho sorriso di nuovo e ho tentato di ricordare in quale giorno ho deciso che avrei voluto fare l' insegnante, ma non mi è venuto in mente. Probabilmente è stato un processo graduale, come avviene sempre per le grandi decisioni, uno sfumare di un pensiero in un altro fino al raggiungimento di una decisione compiuta, una consapevolezza come un' altra che mi porto dentro fin dall' origine e che pian piano è venuta fuori dal suo guscio. Forse è solo questo quello che chiamano destino.
Poi ho pensato a lui, che è lontano ma è sempre vicino, e al suo profilo perfetto anche se un pò ossuto. Al suo naso all' insù e alle sue labbra carnose. Al suo pomo d'adamo e ai suoi polsi stretti e nodosi. Ho pensato a me attraverso di lui e mi sono pensata e vista bellissima. Poi l'ho chiamato e gli ho parlato dolcemente, cercando di infilare tutto l'amore possibile in un paio di frasi di circostanza. Ogni giorno mi accorgo di provare per quest' uomo un amore crescente, e forse anche questa è una consapevolezza congenita che vien fuori gradualmente, e se così fosse allora ci sarebbe di che gioire, il destino mi ha messo in cuore il seme di questo amore, che grande dono mi ha fatto la vita.

Ora sto per concludere questo post, e non so neanche perché l' ho scritto. Probabilmente ho nostalgia del genere autobiografico.


martedì 11 settembre 2012

Ritorni.

Che ironia la sorte, questa sorte, che stasera mi spinge a scrivere su questo blog dopo circa un anno di assenza, giorno più, giorno meno.
In verità mi ero completamente dimenticata di avercelo, questo blog. Pensavo fosse stato disabilitato o qualcosa del genere.
Volevo aprirne un altro, ho pensato 'torno a casa e apro uno stupido blog', perchè penso che oggi sia un giorno da ricordare, anche se non è successo niente, perchè è il giorno prima che succeda qualcosa.
Ed è stato più o meno così che mi sono messa al pc e sono incappata nel mio vecchio blog, arido di post e commenti, buttato lì tanto per durante un periodo di scazzo come un altro.
Ma l' aspetto pungente di tutta questa storia scialba risiede nel fatto che l' ultimo intervento, che tra pochi giorni festeggerà il suo anniversario, parla proprio di quello per cui avevo deciso di tornare a scrivere. Cioè parla della stessa, identica problematica. E' come se la mia vita fosse esattamente la stessa. In realtà lo è. Non è cambiato nulla. Potrei modificare l' anno di quel post e non sembrerebbe affatto strano o anacronistico a coloro che mi conoscono.
E tutto questo è colpa mia. Solo mia.
Sono io che non ho voluto cambiare le cose, che non sono stata in grado di farlo, che ho peccato di ingenuità e di poco coraggio.
Però, ecco, una differenza sostanziale rispetto allo scorso anno c'è.
Ed è il motivo principale per cui volevo scrivere stasera, qui sopra.
Stavolta, quest' anno intendo, io ho deciso. Io mi sono mossa. Ho fatto un passo. Piccolo? Forse. Importante? Di sicuro. Fondamentale? Non so ancora dirlo.
Ho deciso di dire basta. Ho deciso di essere me stessa, e di esserlo nel bene ma sopratutto nel male. Di uscire allo scoperto e di chiedere al mondo 'scusa, ma è normale tutto questo?'.
Il mondo mi ha detto che per una volta, la sacrosanta ragione ce l'ho io. Ma che ci faccio poco, con quella.
E allora, che farci? Chiedo una mano alla vita, che si tende. Domani qualcuno dirà al posto mio che non è giusto, che bisogna rivedere certe cose, che bisogna imparare ad ascoltare. Si, probabilmente non servirà a nulla. Non puoi obbligare gli altri ad amarti, e neanche a rispettarti, o per lo meno, non con le semplici parole. Eh si signori miei, perchè ad un certo punto sono solo i fatti a contare. E allora, forza, tutti pronti a fare i fatti!
Però, e dico però, anche se con le parole non ci si fa nulla, una breccia si aprirà. Dalla ferita potrà uscire veleno ed entrare aria buona, oppure infiltrarsi polvere. Si potrebbe andare incontro ad un' infezione grave. Pazienza, guarirà. In qualche modo guariremo tutti. Prima o poi. Non importa se più poi che prima.

Eleonora.