Vettriano

Vettriano

giovedì 28 luglio 2011

Tristano muore .

Tristano muore , e con lui muore anche un po’ di me . Questo sta a significare che , probabilmente , la mia , come quella del mio cane , è un' otite psicosomatica , e che c'è ancora tanto da perdere , prima di giungere all' osso , prima di toccare il fondo , quello vero , non quello che , a sorpresa , sotto di sé , nasconde l' ennesimo baratro . L' orecchio sinistro fa male perché c'è qualcosa nell' aria di questo paese che non si vuole proprio ascoltare, un riff interrotto dalla notte che non si riesce a sopportare . Ecco perché detesto tanto la luce del sole . Mi sembra di emanare un cattivo odore e di essere meno attraente ( per quanto una come me possa esserlo ) da quando ho rimesso piede in questa casa . Considerato che queste sono le righe che interrompono mesi e mesi di silenzio , beh , considerato questo , niente , non volevo dire proprio nient’ altro , soltanto , considerato che queste sono le righe che interrompono mesi e mesi di silenzio , e basta .
Tristano muore , e con lui muoiono anche tutte le mie fantasie . Ed è questo il destino di noi precoci , quello di morire giovani e di non sognare più troppo presto . Considerato che c’è chi sogna ancora alla soglia dei cent’ anni , nulla , considerato e basta .
La dimensione vellutata nella quale avevo messo radici si è lacerata come una tela di Fontana , con una fondamentale differenza di eleganza . Non ho mai saputo perdere con eleganza , probabilmente perché non ho mai imparato a farlo . Dunque , da un po’ di tempo a questa parte , invece di cimentrami in deliranti bla bla bla inconcludenti e pedanti , dalle dimensioni spropositate che nessuno mai prendeva in considerazione , ho deciso di agire , e di metter mano alla mia vita , demolendola completamente , come una costruzione Lego ( che magari è anche riuscita bene , ma ci ha stancato , e vogliamo ricominciare a costruire da zero ) e tentando di incastrare diversamente i pezzi , per poi alzarmi dal pavimento , allontanarmi qualche metro , e ammirare con occhi estranei i risultati della mia fatica . Questo per me significa vivere , questo significa dire la verità .
Investire le mie ultime energie in questa rivoluzione un po’ silente ( vecchie malsane abitudini ) un po’ violenta è un rischio , che ho valutato e rivalutato forse anche troppo a lungo . Sono un’ inguaribile Leuconoe , e al di là dell’ assonanza leggera , mi lega al nome di questa donna stolta la testardaggine di voler sempre e comunque prevedere gli effetti a lungo e breve termine che nel futuro avranno le nostre azioni . Non è possibile ! Come non è possibile non avere rimorsi e rimpianti . Ma chi mi conosce davvero ( e cioè nessuno ) sa perfettamente che ho sempre preferito i primi ai secondi .
Chi mi dice “hai solo vent’ anni”  è un imbecille , qualunque siano le sue intenzioni . Vent’ anni non li ho mai avuti e non li avrò mai .



" La vita non è in ordine alfabetico come credete voi. Appare... un po' qua e un po' là, come meglio crede, sono briciole, il problema è raccoglierle dopo, è un mucchietto di sabbia, e qual è il granello che sostiene l'altro? A volte quello che sta sul cocuzzolo e sembra sorretto da tutto il mucchietto, è proprio lui che tiene insieme tutti gli altri, perché quel mucchietto non ubbidisce alle leggi della fisica, togli il granello che credevi non sorreggesse niente e crolla tutto, la sabbia scivola, si appiattisce e non ti resta altro che farci ghirigori col dito, degli andirivieni, sentieri che non portano da nessuna parte, e dai e dai, stai lì a tracciare andirivieni, ma dove sarà quel benedetto granello che teneva tutto insieme... e poi un giorno il dito si ferma da sé, non ce la fa più a fare ghirigori, sulla sabbia c'è un tracciato strano, un disegno senza logica e senza costrutto, e ti viene un sospetto, che il senso di tutta quella roba lì erano i ghirigori. "
Antonio Tabucchi , Tristano Muore .

venerdì 8 luglio 2011

.



Mi hanno cucito l’ anima , mi hanno rattoppato il cuore .

A volte è giusto che certi lembi rimangano distanti . Che si lacerino senza ritrovarsi mai .

Sentire la punta dell’ ago che penetra nella carne e conosce il tuo sangue meglio di te rende sterili .

Non si può ritrovare l’ ordine quando si è amato il caos .

Non si può amare il sole quando si è ritrovata la notte .

E in mezzo alla foschia , in mezzo alla neve che non è mai caduta sopra queste piazze , sopra questi marciapiedi di fango e sterco , tu sei andata via , premendo l’ unghia contro il polso .

Di lì tracciasti una scia , un graffio profondo , rossastro . 

Quella la linea di confine .

Invalicabile .

Insuperabile .

Indistruttibile .

(Inguaribile , tra debita parentesi , a debita distanza , ché la sofferenza è biunivoca , forse , e unilaterale , e vivida .)

Pescherò in queste memorie turpi graffiate dal segno dell’ oscurità colanti stracci della tua camicia da notte .

La roboante sicurezza di aver calpestato la stessa viscida strada , con la stessa viscida sensazione di sporco .
Tutto è quanto ci unisce e ci divide .

Benedirai le rughe del tuo viso , se Dio ti darà giorni a sufficienza per vederle germogliare e moltiplicarsi sul tuo viso .

Implorerai la vecchiaia sfigurante , sfuggirai ai pensieri negligenti .

Se ho qualcosa anche di te , o sono soltanto , in tutto e per tutto , uguale a lui .

La coerenza è un’ eleganza , non una virtù .

Soppiantata , superata , mai ritrovata .

Come non mi avessi mai generata .

Sulla tua urna piangeranno i figli tuoi , tua madre e tuo padre , chi ti ha amata nel corpo , coloro che ancora possono chiamarsi amici .

Eppure non avrai eredità di affetti .

Non avrai eredità .

Perché tutto ciò che hai voluto in quell’ attimo , sono stata io .

Se hai emesso timidi gemiti , o hai goduto strillando , sono stata io il tuo piacere .

Se hai pianto sul debito contratto , hai pianto per me .

Se hai una cicatrice che ti sfigura il ventre , sono io che ti ho sfigurata .

Gioia , dolore e miseria mi hanno fatta così .

Di quello sei fatta tu .

Non vedrò mai il tuo viso , non pronuncerò mai le sillabe che compongono il tuo nome , eppure nessuno ti amerà come ti amo io .

Non avrai eredità di affetti .

Non avrai eredità .

Piangeranno perché avranno perso la madre , la figlia , l’ amante , l’ amica .

Quando morirai .

Io piango da sempre perché ho perso la vita .

Perché ho perso te .

Prima ancora di averti .

E il giorno in cui il battito ti mancherà che sia mio il tuo ultimo pensiero .

Io non lo saprò , né muterebbe il mio dolore .

Ti piango viva , ti piango morta .

Ti piango da sempre .

È la prima cosa che ho fatto , quando mi hai messa al mondo .

E’ la sola cosa che ho fatto , da quel giorno in poi .

E il giorno in cui il battito ti mancherà che sia mio il tuo ultimo pensiero .

Che sia suo .

Che sia nostro .

Buon sangue non mente .

Mi hanno detto che l’importante è sapere chi si è, non da dove si viene:
“Sono quello che sono oggi, e non c’è niente nel mio sangue e nelle mie radici che possa in qualche modo aiutare a comprendermi meglio, o a chiarirmi con me stesso.”
Credo che non ci sia niente di più sbagliato.
Puoi amare, rispettare o rinnegare quello che ti ha generato, la materia di cui sei fatto, le cellule che ti compongono, ma non puoi non conoscerle. Potrei star qui a formulare centinaia di poetiche metafore necessarie per trasmettere meglio il messaggio, ma non mi va.
Soltanto adesso ho capito perché detesto così tanto il giorno di Santo Stefano. Quale insofferenza, qualche grigia malinconia mi prende il cuore e lo stomaco quel giorno. Eppure non è un giorno peggiore, né migliore degli altri. Certamente sapere che sei scappata non mi cambierà la vita, né mi stupisce. So che cosa significa voler fuggire da un impiccio, da una situazione scomoda. Il nodo alla gola è il frutto di una perdita di controllo. Quando si porta una maschera e si ha una faccia, non ci si può concedere un imperdonabile errore. Lo so. Tutto quello che avevi costruito, tutto quello che avevi sempre detenuto, quel potere, quella fortezza di carta velina in cui risiedevi, non aveva più motivo di essere, di restarsene in piedi. Un soffio di vento rischiava di portarsela via; un seme piantato male, nella stagione sbagliata, nell’orto più fertile, rischiava, mettendo radici, di sollevare la tua casa e rovesciarla in terra, lasciandone delle evitabili rovine. Lo stupore e la pietà non hanno spazio in questo gioco di copertura, basti il buon senso a rinfrescare le coscienze.
Quello che invece mi ossessiona è il pensiero che ci siano stati prima di me altri due ospiti del tuo grembo. È una gelosia quasi ridicola, considerando che probabilmente io e i miei fratellastri non abbiamo neanche un padre in comune, e che il destino di orfana ha toccato solo me, privandomi del tuo nome, oltre che del tuo affetto.


Il cielo ci ha reso orfani
complici afe torbide
nello spazio aperto dei desideri
mancano e stancano
fughe in festa
e freddo in blu.

Per le stelle non era foschia
dritta la via
lontano da me.

Con un nome svenduto
e sventrato
il taglio impaziente
brucia di più.

Nella borsa errori evitabili
smembrano il mondo
e vanno con te.

(Pescherò in queste memorie turpi graffiate dal segno dell’ oscurità colanti stracci della tua camicia da notte.)