Vettriano

Vettriano

domenica 20 ottobre 2013

Ad maiora.

Il dolore riesce ad essere acuto, pungente, finanche invalidante, paralizzante: come un velo attorno agli occhi ti rende tutte le cose fosche e senza ben definiti contorni. Il dolore spiazza, ci matura dentro mentre creiamo illusioni di felicità, e poi esplode, e dopo il rimbombo un enorme, sconfinato, devastante silenzio, tutt' intorno. Ma non c'è nulla, nulla che possa impedire alla natura di ricrearsi, all' eterno ciclo rigenerativo di compiersi, nulla che mi impedisca di tremare ancora come una foglia, e non per il freddo, nulla che possa frapporsi tra i miei e i suoi occhi, in un momento, in un lampo di una sera, quando il mondo attorno scompare e non resta che il fiato caldo dei corpi, il respiro affannato della carne, ed è per questo che siamo vivi, che bella cosa che è la vita, in fondo, dopotutto, che straordinaria capacità di cicatrizzare, che immenso patrimonio di forza bruta ci troviamo a poter gestire, io voglio, io voglio sentirmi animale, voglio lasciarmi guidare e portare lungo il corso del fiume dell' istinto, ho avuto fiuto e ho trovato una cosa bella, e questa mi ha accolto, ora sono sulla soglia di una casa nuova, che non conosco, che non mi è familiare ma mi colpisce allo stomaco e mi provoca scariche di adrenalina al basso ventre, ed io che stupidamente ero convinta di non poter mai più provare una simile eccitazione solo a sentirmi sfiorare, io che umanamente ho peccato e ho considerato il mio momentaneo disagio come una legge eterna e universale, quante cose non avevo capito, quanta vita mi stavo perdendo. Eppure a volte è giusto fermarsi, è giusto. E' giusto sentirsi la testa piena di orrore, voler fuggire a causa del senso di profonda nausea e di sterminato disagio che ci insegue, è giusto, tutto questo ci fa simili nell' umana sorte, ed io sono felice, così felice, stasera, di far parte di questa umanità fallibile, e tutta la sofferenza che mi ha schiacciata e mi ha provata e mi ha annullata ora mi è cara più di ogni altra cosa, più di tutto sono affezionata alle mie ansie, alle sue ansie, alle mie manie, alle sue manie, più di ogni altra cosa desidero essere viva e vedere il domani, per potermi ancora sentire giovane, e bella, e desiderata; quando ho capito che di fronte a me c'era un nuovo baratro, e al di là di esso una possibile piccola o grande gioia, mi sono detta, ecco, e ora che faccio, se mi fermo qui ci resterò tutta la vita, troppo mi ero legata all' idea di un passato ormai lontano ma per me quasi indissolubile, e dunque che faccio, se non mi fermo, devo saltare, salto, e se stavolta invece di sbucciarmi le ginocchia e spezzarmi un braccio e due denti dovessi morire, cosa accadrebbe, ma non importa, non mi importa niente, sono stata sinceramente cosciente di saltare, ancora, di nuovo, e salterei altre milioni di volte e altre milioni ancora, perché saltare e tentare è quello che ci resta, ma più di tutto, ci resta l' amore, ed è per quello che io provo ancora a saltare, è per quello che studio, curvandomi la schiena, è per quello che lavoro, seccandomi la gola, è per quello che sto sveglia la notte, quando lo spirito si sintonizza sulla giusta frequenza e scrivere mi appare più che un piacere, e infine, oggi, è per quello che sorrido, lievemente, di nascosto, perché le sue mani devono restare un segreto, e nessuno deve accorgersi di quanto sia bello sentirle muoversi per me, è un germoglio di vita che coltivo con estrema delicatezza, non è vero che non ne avevo più di energie, che ero cambiata, che non ero più in grado di voler bene alle cose, a me stessa, alle persone. Questo non dipende da nient' altro che da noi stessi; morirei pur di portare alle estreme conseguenze il mio essere, pur di riuscire a percepire un ultimo pulpito di bellezza e a farlo mio, si è inclini al voler amore, al voler amare, si è predisposti al sensibile, e che bello è conoscersi dentro come Apollo elegante che suona armoniosamente la cetra della ragione ma anche come Dioniso, nella furia ancestrale del desiderio, e ho la pelle tutta scorticata perché pure un alito di vento la fa bruciare intensamente, ma non importa, non c'è modo migliore che io conosca di godere se non passando prima attraverso il dolore, è così ovvio, a me non interessa niente di niente se non questo, fare due passi, sentire l' aria frizzante delle sere d' autunno in città, aspettare il momento buono sul quale fantastichiamo senza dircelo, leggere le poesie che sto studiando all' università, copiarle sull' agenda nuova, sentire il suo profumo dovunque anche se non c'è, accendere una candela, spegnere anche l' ultima delle luci, e sentire che non fa più paura la notte, non così tanto come prima, perché in potenza potrebbe non farci paura mai più, e questa sincera consapevolezza ci carezza, e ci culla, come bambini, e anche se nascono sempre mostri nuovi, questi in rari momenti non ci sembrano poi neanche così feroci, così pericolosi, saremmo pur tentati di fargli spazio, nel nostro letto, per dare loro quel po' di riposo che non concedono a noi, e quindi che vengano pure le tenebre, che venga il panico dei giorni asettici, che venga tutto quello che deve venire, poiché nella melma galoppante che ci viene di contro io so finalmente con certezza dell' esistenza tangibile di materia nobile, preziosa, io so con certezza che esiste, e che sa sorridermi, e che sa soffrire, e sopratutto che sa sentire, e che quindi sa comunicare, senza le parole, sopratutto senza le parole, perché se ho scritto questo fiume di parole è solo per dire che adesso non avrei alcuna voglia di parlare, ma solo di tacere, e dunque taccio, finalmente, senza rimpianti, senza rimorsi, col cuore sfregiato eppure immacolato, simile a quel seno che riconosco a malapena nello specchio, di carne rosa di ragazza ma con un tratto di cadavere, e con la testa pesante, pensante, che macina di nuovo voglie, che non smette di volere, e che non ha mai smesso, davvero, in fondo, di sperare.

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