Il
dolore riesce ad essere acuto, pungente, finanche invalidante,
paralizzante: come un velo attorno agli occhi ti rende tutte le cose
fosche e senza ben definiti contorni. Il dolore spiazza, ci matura
dentro mentre creiamo illusioni di felicità, e poi esplode, e dopo
il rimbombo un enorme, sconfinato, devastante silenzio, tutt'
intorno. Ma non c'è nulla, nulla che possa impedire alla natura di
ricrearsi, all' eterno ciclo rigenerativo di compiersi, nulla che mi
impedisca di tremare ancora come una foglia, e non per il freddo,
nulla che possa frapporsi tra i miei e i suoi occhi, in un momento,
in un lampo di una sera, quando il mondo attorno scompare e non resta
che il fiato caldo dei corpi, il respiro affannato della carne, ed è
per questo che siamo vivi, che bella cosa che è la vita, in fondo,
dopotutto, che straordinaria capacità di cicatrizzare, che immenso
patrimonio di forza bruta ci troviamo a poter gestire, io voglio, io
voglio sentirmi animale, voglio lasciarmi guidare e portare lungo il
corso del fiume dell' istinto, ho avuto fiuto e
ho trovato una cosa bella, e questa mi ha accolto, ora sono
sulla soglia di una casa nuova, che non conosco, che non mi è
familiare ma mi colpisce allo stomaco e mi provoca scariche di
adrenalina al basso ventre, ed io che stupidamente ero convinta di
non poter mai più provare una simile eccitazione solo a sentirmi
sfiorare, io che umanamente ho peccato e ho considerato il mio
momentaneo disagio come una legge eterna e universale, quante cose
non avevo capito, quanta vita mi stavo perdendo. Eppure a volte è
giusto fermarsi, è giusto. E' giusto sentirsi la testa piena di
orrore, voler fuggire a causa del senso di profonda nausea e di
sterminato disagio che ci insegue, è giusto, tutto questo ci fa
simili nell' umana sorte, ed io sono felice, così felice, stasera,
di far parte di questa umanità fallibile, e tutta la sofferenza che
mi ha schiacciata e mi ha provata e mi ha annullata ora mi è cara
più di ogni altra cosa, più di tutto sono affezionata alle mie
ansie, alle sue ansie, alle mie manie, alle sue manie, più di ogni
altra cosa desidero essere viva e vedere il domani, per potermi
ancora sentire giovane, e bella, e desiderata; quando ho capito che
di fronte a me c'era un nuovo baratro, e al di là di esso una
possibile piccola o grande gioia, mi sono detta, ecco, e ora che
faccio, se mi fermo qui ci resterò tutta la vita, troppo mi ero
legata all' idea di un passato ormai lontano ma per me quasi
indissolubile, e dunque che faccio, se non mi fermo, devo saltare,
salto, e se stavolta invece di sbucciarmi le ginocchia e spezzarmi un
braccio e due denti dovessi morire, cosa accadrebbe, ma non importa,
non mi importa niente, sono stata sinceramente cosciente di saltare,
ancora, di nuovo, e salterei altre milioni di volte e altre milioni
ancora, perché saltare e tentare è quello che ci resta, ma più di
tutto, ci resta l' amore, ed è per quello che io provo ancora a
saltare, è per quello che studio, curvandomi la schiena, è per
quello che lavoro, seccandomi la gola, è per quello che sto sveglia
la notte, quando lo spirito si sintonizza sulla giusta frequenza e
scrivere mi appare più che un piacere, e infine, oggi, è per quello
che sorrido, lievemente, di nascosto, perché le sue mani devono
restare un segreto, e nessuno deve accorgersi di quanto sia bello
sentirle muoversi per me, è un germoglio di vita che coltivo con
estrema delicatezza, non è vero che non ne avevo più di energie,
che ero cambiata, che non ero più in grado di voler bene alle cose,
a me stessa, alle persone. Questo non dipende da nient' altro che da
noi stessi; morirei pur di portare alle estreme conseguenze il mio
essere, pur di riuscire a percepire un ultimo pulpito di bellezza e a
farlo mio, si è inclini al voler amore, al voler amare, si è
predisposti al sensibile, e che bello è conoscersi dentro come
Apollo elegante che suona armoniosamente la cetra della ragione ma
anche come Dioniso, nella furia ancestrale del desiderio, e ho la
pelle tutta scorticata perché pure un alito di vento la fa bruciare
intensamente, ma non importa, non c'è modo migliore che io conosca
di godere se non passando prima attraverso il dolore, è così ovvio,
a me non interessa niente di niente se non questo, fare due passi,
sentire l' aria frizzante delle sere d' autunno in città, aspettare
il momento buono sul quale fantastichiamo senza dircelo, leggere le
poesie che sto studiando all' università, copiarle sull' agenda
nuova, sentire il suo profumo dovunque anche se non c'è, accendere
una candela, spegnere anche l' ultima delle luci, e sentire che non
fa più paura la notte, non così tanto come prima, perché in
potenza potrebbe non farci paura mai più, e questa sincera
consapevolezza ci carezza, e ci culla, come bambini, e anche se
nascono sempre mostri nuovi, questi in rari momenti non ci sembrano
poi neanche così feroci, così pericolosi, saremmo pur tentati di
fargli spazio, nel nostro letto, per dare loro quel po' di riposo che
non concedono a noi, e quindi che vengano pure le tenebre, che venga
il panico dei giorni asettici, che venga tutto quello che deve
venire, poiché nella melma galoppante che ci viene di contro io so
finalmente con certezza dell' esistenza tangibile di materia nobile,
preziosa, io so con certezza che esiste, e che sa sorridermi, e che
sa soffrire, e sopratutto che sa sentire, e che quindi sa comunicare,
senza le parole, sopratutto senza le parole, perché se ho scritto
questo fiume di parole è solo per dire che adesso non avrei alcuna
voglia di parlare, ma solo di tacere, e dunque taccio, finalmente,
senza rimpianti, senza rimorsi, col cuore sfregiato eppure
immacolato, simile a quel seno che riconosco a malapena nello
specchio, di carne rosa di ragazza ma con un tratto di cadavere, e
con la testa pesante, pensante, che macina di nuovo voglie, che non
smette di volere, e che non ha mai smesso, davvero, in fondo, di
sperare.
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