Vettriano

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mercoledì 21 settembre 2011

Juego del revés.


6.

L'arroz de cabidela aveva un sapore raffinatissimo e un aspetto ripugnante, era servito in un grande vassoio di terracotta con un cucchiaio di legno, il sangue e il vino bolliti formavano un sugo denso e castano, i tavoli erano di marmo, fra una fila di botti e un bancone di zinco dominato dalla corpulenza del signor Tavares, a mezzanotte arrivava un fadista dall'aspetto macilento accompagnato da un vecchietto con la viola e da un distinto signore con la chitarra, cantava antichi fados fiochi e languidi, il signor Tavares spengeva le luci e accendeva le candele sulle mensole, gli avventori di passaggio se ne erano già andati, restavano solo gli affezionati, il locale si riempiva di fumo, a ogni finale c'era un applauso discreto e solenne, qualche voce chiedeva Amor é agua que corre, Travessa da Palma, Maria do Carmo era pallida, o forse era la luce delle candele, o forse aveva bevuto troppo, teneva lo sguardo fisso e le sue pupille erano grandi, la luce delle candele ci ballava dentro, mi sembrava più bella del solito, accendeva una sigaretta con fare trasognato, ora basta, diceva, andiamo via, saudade sì ma a basse dosi, è bene non farne indigestione, l'Alfama era semideserta, ci fermavamo al belvedere di Santa Luzia, c'era una pergola spessa di buganvillea, appoggiati al parapetto guardavamo le luci del Tago, Maria do Carmo diceva Lisbon revisited di Alvaro de Campos, una poesia nella quale una persona è alla stessa finestra della sua infanzia, ma non è più la stessa persona e non è più la stessa finestra, perché il tempo cambia uomini e cose, cominciavamo a scendere verso il mio albergo, lei mi prendeva la mano e mi diceva: senti, chissà cosa siamo, chissà dove siamo, chissà perché ci siamo, senti, viviamo questa vita come se fosse un revés, per esempio stanotte, tu devi pensare che sei me e che stai stringendo te fra le tue braccia, io penso di essere te che sto stringendo me fra le mie braccia.

(Antonio Tabucchi, Il gioco del rovescio.)

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