Vettriano

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giovedì 23 giugno 2011

Ritorno alle origini .

Con l' apertura di questo stupido blog ritorno alle origini. Ritorno alle confessioni in forma ermetica, ritorno alla mia sensiblità travolgente, ritorno alle origini, insomma, anche se l'ho già detto, e l' ho anche anticipato, nel titolo di questo mio primo intervento.
Ricordo, con un sorriso a tratti malinconico a tratti sereno e distante, quel desiderio irrefrenabile di scrivere riguardo ogni evento apparentemente banale e trascurabile che mi prendeva nei pomeriggi d' estate di 'tanti' anni fa. Ricordo la forza che avevo nel farlo, nel saperci ancora credere, mettendo via ogni altro problema, ogni altra difficoltà. Pur riconoscendo il ticchettìo che preannunciava l' esplosione dietro la porta io continuavo a graffiare la vita nel tentativo vano di afferrarla. Ammetto di averle fatto versare del sangue: poche gocce, certo, ma che soddisfazione per me.
Ed è così che ho vissuto la mia pre-adolescenza e la mia adolescenza: non vivendo, ma sognando. Immaginando, scavando a fondo nelle insignificanze per cavarci quello (e anche di più) che non potevo toccare con mano, vivere sulla pelle.
Non ho mai avuto un gruppo di amici, non ho mai bevuto una birra con l' intento di ubriacarmi (non l'ho mai bevuta anche senza intento), non ho mai fatto tardi la sera, non ho mai visitato casa di nessuno, non ho mai dormito in nessun altro luogo se non nel mio letto, non ho mai amato (oddio, magari questa è da ritrattare, ma ora non ne ho voglia).
Ma sopratutto non ho mai costretto nessuno a lasciar perdere la propria vita per starmi dietro, per tendermi una mano. E devo dire di essere perfettamente riuscita nel tentativo: nessuno è mai stato disposto a stare con me, piuttosto che con qualcun altro, a meno che non fossi capace di dargli qualcosa in cambio.
Nessuno ha odiato il sabato sera quanto me, nessuno ha gioito così tanto nel sapere di non esser figlia dei propri genitori quanto me. Certo, magra consolazione anche questa. Ma in tempi difficili ci si aggrappa davvero a tutto.
Vorrei, a questo punto, interrompere la trafila di lagne e autocommiserazioni per giungere al nocciolo della questione, e cioè al motivo per cui riapro un blog, con la promessa di mantenerlo vivo il più a lungo possibile.
C'è un momento, nella vita di ognuno di noi, che non è per forza uno, ma può ripetersi nel tempo ad intervalli più o meno regolari, in cui si sente l' estremo bisogno di riprendere in mano e stringere al petto tutto ciò che gli altri, per crudeltà o per incompetenza, ci hanno sottratto. Un momento in cui ti guardi allo specchio, e non noti nient' altro che brandelli di abiti che si muovono in maniera goffa, indistinta. E' allora che ti accorgi di aver dato agli altri talmente tanto da non averne più per te stesso. E questa carestia di sostanza non ha provocato nient' altro che una perdita di me stessa. Che è grave, considerato che avevo molta stima di me, e curavo il mio talento, me lo coccolavo, e non lasciavo a nessuno il diritto di sputarci sopra o di metterci le mani. Dunque, non per la mera logica del do ut des, ma per un semplice istinto di sopravvivenza, notando che nulla di ciò che avevo regalato agli altri mi restituiva qualcosa in termini umani e non, ho deciso di invertire la rotta. Ho cambiato strada. Ho abbandonato la sosta al bivio. Ho intrapreso un nuovo viaggio.
Certo che sono piena di rimpianti. Certo che sono piena di rimorsi. Certo che sono vuota, come un secchio di plastica quando hai terminato di lavare il pavimento. Certo che sono dolorante, sanguinante. Certo.
Ma sono anche di nuovo io. Con tutto ciò che questo ha sempre comportato, e sempre comporterà. Il tempo perduto non si recupera, il male che si è fatto non si ripara, quello che si è ricevuto nemmeno. Tutto ciò che mi è stato preso, dato, non scompare. Non si cancella come una foto dall' hard disk.
Però si può scegliere di cambiare. O almeno provarci.
Per un atto di coerenza, di clemenza, verso se stessi e verso chi non ha mai potuto capire, e non per questo merita menzogna. L' ignoranza, spesso, è una virtù, non una colpa.
Io però con l' ignoranza ho sempre giocato sporco, ed era ora di finirla.
Perchè? Insofferenza connaturata. Chiedete alle mie cellule.

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